La Casa al Lago
La casa al lago era sempre stata il nostro rifugio, il luogo dove le regole del mondo esterno sembravano svanire. Per me e mio cugino Marco, era un regno segreto. Eravamo cresciuti insieme durante quelle estati lunghe e afose, costruendo castelli di sabbia che diventavano fortezze e nuotate al tramonto che si trasformavano in spedizioni epiche. Eravamo inseparabili, due metà della stessa medaglia.
Poi arrivò l'adolescenza, e con essa una tensione nuova, un'elettricità che crepitava nell'aria ogni volta che eravamo troppo vicini. Non era più solo complicità, era qualcosa di più profondo, di più pericoloso. Qualcosa che entrambi sentivamo ma che nessuno dei due osava nominare.
Quell'anno, tornammo al lago che avevamo entrambi diciassette anni. Le nostre famiglie, come sempre, ci lasciarono soli per il weekend, fidandosi ciecamente di quella parentela che credevano un scudo contro ogni tentazione. Non sapevano che era proprio quella a rendere tutto più intenso.
Era una sera calda, la luna piena disegnava una striscia d'argento sull'acqua immobile del lago. Eravamo seduti sul vecchio pontile di legno, le gambe a penzoloni nell'acqua fresca. Parlammo del futuro, delle nostre paure, dei sogni che tenevamo nascosti a tutti. A tutti, tranne che a noi stessi.
"A volte mi sento come se nessuno mi capisse veramente," dissi io, guardando il mio riflesso tremolante sull'acqua. "Tranne te."
Marco non rispose subito. Poi, lentamente, la sua mano trovò la mia sotto la superficie dell'acqua. Le sue dita si intrecciarono con le mie, un gesto semplice che mi mandò una scossa lungo la schiena. "È lo stesso per me," disse, la sua voce più profonda del solito. "Tu sei l'unica persona con cui non devo fingere."
Ci voltammo a guardarci. La distanza tra i nostri visi si annullò senza che nessuno dei due prendesse una decisione consapevole. Fu come una calamita, una forza inevitabile. Le sue labbra erano esitanti all'inizio, un tocco leggero, quasi una domanda. Risposi inclinando la testa, approfondendo il bacio, e in quel momento ogni barriera crollò.
Il sapore della sua bocca era familiare e proibito. Le sue mani, che conoscevo da una vita, ora esploravano il mio corpo con una curiosità nuova, audace. Mi sfilò la maglietta, e il suo sguardo sui miei seni mi fece sentire esposta e potente allo stesso tempo. Non c'era fretta, solo la riscoperta di un corpo che credevamo di conoscere, ma che ora vedevamo sotto una luce completamente diversa.
Tornammo in casa, lasciando una scia di vestiti sul pavimento di legno. Nella penombra della stanza, illuminati solo dalla luna che filtrava dalla finestra, facemmo l'amore. Ogni tocco, ogni bacio, ogni sospiro era un segreto che ci legava ancora di più. Quando fu dentro di me, fu un incastro perfetto, un ritorno a un'unità che avevamo sempre cercato senza saperlo. I nostri corpi si muovevano insieme, in un silenzio rotto solo dai nostri respiri affannosi, un dialogo che nessuna parola avrebbe mai potuto eguagliare.
Rimanemmo abbracciati a lungo, mentre la luce dell'alba iniziava a colorare il cielo. Non dicemmo nulla. Non ce n'era bisogno. Quella notte, sul pontile, non avevamo solo infranto una regola. Avevamo trovato una verità che ci apparteneva solo a noi, una verità nascosta nelle estati silenziose della nostra casa al lago.
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