La Lezione dell'Avvocato
Lavorare come assistente personale per l'avvocato Riccardo Conti era una sfida costante. Era un uomo esigente, freddo, i cui occhi di ghiaccio sembravano analizzare ogni tua mossa, ogni tua minima imperfezione. Il suo studio, al trentesimo piano di un grattacielo di vetro e acciaio, era il suo regno, e io ero solo una pedina nel suo gioco di potere.
Una sera, rimasi fino a tardi per preparare i documenti per un'importante causa. Lo studio era silenzioso, la città sotto di noi un tappeto di luci scintillanti. Stavo per andarmene quando la sua voce, calma e tagliente, ruppe il silenzio.
"Signorina Valli, un momento nel mio ufficio."
Il mio cuore perse un battito. Non era un invito, era un ordine. Entrai, e lo trovai seduto dietro la sua imponente scrivania di mogano. Non stava lavorando. Stava semplicemente osservando me.
"Lei è molto efficiente, signorina Valli," iniziò, alzandosi e camminando lentamente verso di me. "Precisa, puntuale. Ma c'è una cosa che non tollero: la distrazione."
"Non capisco, signore," balbettai, sentendomi improvvisamente piccola sotto il suo sguardo intenso.
"Oh, io credo di sì," disse, fermandosi a un passo da me. "Ho notato il modo in cui mi guarda quando crede che io non la veda. Ho notato il suo respiro che si accelera quando le passo accanto. Lei desidera qualcosa che va oltre il suo contratto di lavoro."
Arrossii violentemente, incapace di negare. Era vero. La sua aura di potere mi affascinava e mi intimidiva in egual modo. Era una fantasia proibita che alimentavo nel segreto dei miei pensieri.
"Vede," continuò lui, la sua voce un sussurro pericoloso, "il desiderio, se non controllato, porta all'errore. E io non tollero errori. Forse è il caso che le dia una lezione. Una lezione sul controllo."
Prima che potessi reagire, mi afferrò per un braccio e mi guidò verso il centro della stanza. Con un gesto secco, mi fece inginocchiare sul tappeto costoso. Il mio corpo obbedì senza che la mia mente potesse formulare un pensiero coerente.
"Questa sera, lei non è la mia assistente. Lei è la mia allieva. E la prima regola è l'obbedienza assoluta," disse, tornando alla sua scrivania. Aprì un cassetto e ne estrasse una sottile frusta di cuoio nero.
Il mio respiro si bloccò in gola. Paura ed eccitazione si mescolarono in un vortice inebriante. Mi ordinò di togliermi la giacca e la camicetta, lasciandomi solo con il reggiseno di pizzo. Il freddo dell'aria condizionata sulla mia pelle nuda mi fece rabbrividire.
"Bene," disse, facendo sibilare la frusta nell'aria. "Ora conterà per me. Ad alta voce."
Il primo colpo arrivò secco, una linea di fuoco sulla mia schiena. "Uno," sussurrai, la voce rotta. Un altro colpo, più forte. "Due." E così via. Ogni colpo era un misto di dolore acuto e un piacere strano, profondo, che non avevo mai provato. Era l'umiliazione, la sottomissione, il fatto di essere completamente in suo potere. Stavo perdendo il controllo, e paradossalmente, mi sentivo più viva che mai.
Quando arrivammo a dieci, si fermò. La mia schiena bruciava, ma il mio corpo era percorso da brividi di pura lussuria. Si inginocchiò di fronte a me, mi prese il mento tra le dita e mi costrinse a guardarlo.
"Questa è solo la prima parte della lezione," disse, i suoi occhi che brillavano di una luce oscura. "Ora imparerà a chiedere. A supplicare."
Mi legò i polsi dietro la schiena con la sua cravatta di seta e mi fece sdraiare a pancia in giù sulla scrivania, tra le sue carte e i suoi documenti. Mi sfilò la gonna e le calze, lasciandomi completamente esposta. Poi sentii le sue dita fredde sulla mia pelle, che tracciavano cerchi lenti e tortuosi sulle mie natiche, avvicinandosi sempre di più al centro del mio desiderio. Mi stava portando sull'orlo della follia, senza mai toccarmi dove più desideravo.
"Cosa vuole, signorina Valli?" chiese, la sua bocca vicino al mio orecchio. "Lo dica."
"La prego," ansimai, la mia voce quasi irriconoscibile. "La prego... mi tocchi."
"Non è abbastanza," sussurrò lui. "Voglio sentirla supplicare."
E io lo feci. Lo supplicai, lo implorai, offrendogli il mio corpo e la mia volontà. E quando finalmente le sue dita trovarono il mio clitoride, un grido mi sfuggì dalle labbra. Mi portò all'orgasmo così, con una mano, mentre con l'altra mi teneva ferma, padrone assoluto del mio piacere e della mia umiliazione. E in quel momento, capii che quella era la lezione più importante che avrei mai imparato.
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